Gli ostraka sono schegge di calcare utilizzate come una sorta di quaderno per gli appunti dagli artisti e dagli operai a lavoro nella tomba. Liberi dai canoni figurativi tradizionali, presentano repertori iconografici estremamente variegati come questo, dov’è rappresentata in una posa sensuale una ballerina in movimento che mostra l’abilità artistica del suo disegnatore, al punto che è possibile ravvisare la ricerca di resa delle ombre.

La Maschera fu ritrovata, nel 1906, nel prezioso corredo funerario della Tomba di Kha. Eseguita in cartonnage, una sorta di cartapesta realizzata con bende di lino imbevute di gesso, dorata e decorata con inserti in pietre dure e vetro, aveva il compito di proteggere il volto della defunta e restituirle la vista. L’uso dei colori e dell’oro alludono allo status divino di Merit, divenuta, dopo la morte, spirito incorruttibile.

Da sempre uno dei simboli del Museo Egizio, la statua raffigura il celebre faraone Ramesse II, uno dei personaggi più noti dell’antico Egitto che, nei suoi oltre sessant’anni di regno, espanse e rafforzò i confini del Paese. La statua è un bellissimo esempio dell’arte del periodo: la veste indossata dal sovrano è simile a quella che doveva indossare nella realtà, i piedi calzano i sandali e i lobi forati delle orecchie riprendono la moda tipica della precedente Epoca Amarniana.

Butehamon era uno scriba reale, vissuto a cavallo tra il Nuovo Regno e il Terzo Periodo Intermedio, discendente di una famiglia di scribi. L’interno del coperchio e quello del falso-coperchio del suo sarcofago sono interamente ricoperti dalla descrizione del Rituale dell’Apertura della Bocca, che serviva a restituire la vita al defunto, in funzione della sua nuova esistenza nell’Aldilà. Ci sono pervenuti numerosi documenti a nome di Butehamon, tra cui un ostrakon in cui l’uomo ha espresso il suo cordoglio per la moglie defunta.

Gli dèi egizi si manifestavano in varie forme e molti di loro erano associati a specifici animali. La pratica della mummificazione degli animali è nota fin dal 3000 a.C. fino a scomparire nel IV secolo d.C. Nei templi si allevava un esemplare appositamente selezionato dell’animale associato al dio, considerato una sua incarnazione. Alla sua morte il corpo era mummificato e deposto in un sarcofago. Altri animali erano mummificati e portati al tempio come ex voto. Il toro era collegato al dio Api, al potere regale e al concetto di forza.

Epoca Predinastica, Naqada II (3600 a.C. – 3350 a.C.). Questa mummia fu acquistata in Egitto da Ernesto Schiaparelli agli inizi del Novecento. Si tratta del corpo di un uomo adulto di circa 40 anni, accompagnato dal suo corredo funerario, composto di frecce, ceste contenti frammenti di tessuto e un paio di sandali. In Epoca Predinastica i defunti erano solitamente deposti in buche ovali o circolari, su un fianco. Il contatto diretto con il terreno sabbioso ricco di ossido di sodio ne favoriva la conservazione per disseccazione naturale.

Mensa Isiaca, I sec d.C. Roma, probabilmente dall’Iseo Campense, già collezione Gonzaga. La Mensa Isiaca in realtà non è un’opera di epoca egizia: fu realizzata attorno al I secolo d.C., probabilmente a Roma, per arricchire l’altare di un tempio dedicato alla dea Iside. La sua scoperta, nel 1527, incuriosì molti studiosi interessati all’interpretazione dei geroglifici che poi, si capì, erano in realtà solo decorativi e privi di significato. La tavola in rame arrivò a Torino grazie all’acquisto di un lotto della collezione dei duchi Gonzaga di Mantova, nella prima metà del XVII secolo.

Nuovo Regno, XX dinastia, regno di Ramesse III (1187a. C. – 1157 a.C.), Deir el-Medina. Il papiro è il primo documento su uno sciopero della storia. Redatto dallo scriba Amennakht riporta la notizia di proteste avvenute durante il regno di Ramesse III a Deir el-Medina. Gli operai protestano perché non ricevono le razioni alimentari, pagamento per il loro lavoro nella Valle dei Re. Nonostante i vari tentativi di conciliazione, la protesta dura parecchi giorni. Gli operai motivano così il loro gesto: “Se siamo arrivati a tanto è colpa della fame e della sete… Scrivete al nostro faraone perfetto riguardo alle nostre parole, scrivere al visir, il nostro superiore, perché ci siano date le provvisioni”.

Antico Regno, III – VI dinastia (2592 a.C. – 2118 a.C.), Gebelein. Le tuniche a pieghe sono realizzate normalmente a partire da tre pezzi di lino, uno per il corpo e due per le maniche. Il Museo ne custodisce circa una quindicina di esemplari rinvenuti durante gli scavi condotti dal Museo presso i siti di Gebelein o Assiut all’interno di sepolture databili per lo più al periodo finale dell’Antico Regno.

Il papiro, lungo ben 1847cm, parte del corredo funerario di Iuefankh, giunge a Torino con la collezione Drovetti. Il nome “Libro dei Morti” fu coniato da Richard Lepsius, studioso tedesco, per indicare l’insieme di formule funerarie che, a partire dal Nuovo Regno, venivano scritte su papiro e incluse nel corredo funerario per guidare il defunto nell’aldilà. Grazie alla buona conservazione del papiro, Lepsius poté studiarlo iniziando a classificare il testo in capitoli e creando un canone di riferimento utilizzato ancora oggi.