La storia degli Ospedali Psichiatrici, e della Psichiatria in generale, è anche la storia delle pratiche e degli strumenti utilizzati per controllare il comportamento dei malati di mente. Occorre sforzarsi di collocare questi manufatti nella loro cornice culturale e storica: tuttavia non si possono tacere gli abusi, passati e anche recenti, e si può affermare che il modo con cui il problema viene affrontato, è la cifra del livello di civiltà di un’intera società.

La fotografia sembrò dare una risposta al bisogno della psichiatria di ancorare all’immagine, al corpo, le proprie ipotesi e certezze. Il medico britannico Morison, già dal 1840, confrontava immagini dello stesso soggetto, malato e poi guarito. Il neurologo Charchot fotografò le malate per studiarne il rapporto tra malattia e tratti somatici, sulla base di teorie affini a quelle di Lombroso. Il direttore Tamburini a fine ‘800 introdusse la fotografia al San Lazzaro, che divenne anche per questo un modello. Si conservano la strumentazione e 1500 immagini di pazienti, edifici e scene di vita e lavoro.

Nell’epoca della psichiatria positivistica, il San Lazzaro si impose come un modello anche per quanto riguarda la ricerca scientifica. Luigi Biagi introdusse le cartelle cliniche, mentre con Carlo Livi nel 1874 il San Lazzaro divenne sede della Clinica Psichiatrica dell’Università di Modena, fino al 1908. Augusto Tamburini aumentò il numero dei laboratori scientifici (istologia, antropologia, psicologia sperimentale, analisi chimiche, elettroterapia) e delle collezioni museali. A Reggio studiarono e lavorarono molti fra i futuri più importanti psichiatri italiani.

Negli archivi del San Lazzaro sono conservate circa 8000 opere prodotte dagli ex ricoverati, in particolare durante gli atelier di pittura aperti già nell’800 e attivi fino alla chiusura. Vasta è anche la produzione dei bambini ricoverati nella colonia-scuola Marro, in cui il disegno era una delle materie di studio.

Negli archivi del San Lazzaro si conservano testimonianze di ogni aspetto della vita e della gestione, anche amministrativa, dell’ex ospedale psichiatrico, un patrimonio di grande importanza in Italia. La documentazione principale è rappresentata dalle cartelle cliniche (dagli anni ‘70 dell’800): molte conservano anche scritti o disegni dei pazienti, oltre alle informazioni anagrafiche e al diario clinico. Del periodo precedente rimangono brevi notizie o corrispondenze tra il direttore e i familiari.