Il grande wall drawing eseguito dall'artista inglese David Tremlett, in una retrocamera del piano nobile di Palazzo Butera, alla fine del 2018.A partire dagli anni Ottanta, i wall drawings a pastello di Tremlett diventano il principale mezzo espressivo dell'artista: grandi disegni geometrici realizzati su superfici architettoniche. Nei suoi lavori, di proporzioni ambientali, il pigmento viene steso direttamente con le mani sulle murature. A Palazzo Butera Tremlett si confronta con gli affreschi del Settecento di Fumagalli e Martorana e rilegge in chiave contemporanea il tema della quadratura e dello sfondamento prospettico.

Antonio Corradini (1668-1752) è celebre soprattutto per le sue sculture velate, come il Cristo morto della Cappella di San Severo a Napoli, realizzato da Giuseppe Sammartino su bozzetto di Corradini. Lo scultore veneto ha una carriera a tutti gli effetti europea: le sue opere sono sparse fra Corfù, Lisbona e Vienna. Le specchiere della Collezione Valsecchi sono state esposte al Fitzwilliam Museum dal 2016 al 2018 e ora sono esposte al primo piano di Palazzo Butera. La testa e i personaggi con le trombe evocano un’atmosfera da carnevale goldoniano, mentre i rimandi al mondo della cineseria, come la pagoda, si affiancano ai motivi classici, come le lesene, o rococò.

Un occhio in bronzo che si sostiene sulla propria lacrima: dal centro della pupilla il fluido scende fino al pavimento dove forma una base d’appoggio. Nella sala della radice di Palazzo Butera, quest'opera sembra quasi irradiare il canale rivestito di maioliche dove si è inserita la radice della Jacaranda. Durante il loro percorso artistico, Anne e Patrick Poirier hanno sviluppato una poetica basata sulla fragilità della memoria umana. Celebrato da retrospettive recenti (Parigi, Maison Européenne de la Photographie, 2017; Roma, Villa Medici, 2018), il percorso dei Poirier ha attraversato archeologia e giardini rinascimentali. Le possibili distruzioni delle civiltà, per via delle guerre, sono diventate un punto fisso del loro sguardo. E l’occhio piangente è il luogo dove il tempo si imprime e diviene memoria.

Nel novembre del 1850, Augustus Pugin (1812-1852) è pienamente impegnato nei disegni per il nuovo Parlamento inglese a Westminster. Da almeno sei anni, si rincorrono le voci su chi sia la vera anima del progetto, fra i due architetti, se il celebre Charles Barry (1795-1860) o il suo giovane assistente, Pugin, che già nel 1845 aveva sentito la necessità di dichiarare pubblicamente la sua subalternità a Mr. Barry. Il disegno di Pugin per queste sedie, che si conserva al Victoria & Albert Museum (E.1501-1912), è corredato di numerose indicazioni per il cabinet-maker John Gregory Crace, che ha con ogni probabilità eseguito scrupolosamente il progetto. Le sedie sono pensate per la Camera dei Comuni, come esplicita Pugin nel testo: “Mr. Barry wants a Pattern Chair for the Commons lobbies. His idea is a light but strong chamfered chair like the above sketch covered with green leather”. La morte di Pugin a quarant’anni farà sì che le sedie della Camera dei Comuni siano fra le ultime sue opera. Il suo approccio totalizzante alla progettazione, ispirata ai disegni e ai principi del gotico, sarà un punto di partenza centrale per il design inglese dell’Ottocento e per la modernità.

Queste due girandoles sono state realizzate da un grande orafo su disegno di Giocondo Albertolli, architetto ticinese che conobbe un successo senza pari nella Milano neoclassica. Il disegno per queste girandoles è stato pubblicato nel 1787 nel volume Alcune Decorazioni di Nobili Sale ed altri Ornamenti e attesta che erano destinate alle cornici laterali di una specchiera della sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano, gravemente danneggiata durante la Seconda Guerra Mondiale. Qualche anno prima, Albertolli aveva lavorato con Luigi Valadier, per i bronzi da eseguire a Palazzo Greppi, e non è da escludere la possibilità che l’esecutore di questi arredi sia proprio l’orafo romano.

Imago è un’opera in sette parti. La matrice – una tavola di compensato sottile e leggera – è incisa per accogliere una miscela di vinavil e vasellina, che viene poi impressa per sei volte sugli altri quadrati, bianchi. In un testo critico del 1997, Ferretti ha scritto, su Imago: «Elaborazione pensata, forse unico caso, in relazione allo spazio in cui i sette lavori si sarebbero venuti a trovare. Unicità del messaggio (o del referente) e complessità delle soluzioni nella continua variazione dell’identico. La parola che diventa immagine e nella riflessione riconduce a ciò che sta di fronte, al pensiero di chi guarda». Imago è stata esposta per la prima volta nel 1997, nella galleria di Massimo Valsecchi a Milano. La matrice era esposta nella parete di fondo e le sei tele erano disposte andando dalle più leggibili a quelle dove la parola perde il suo rilievo materico. Da aprile 2019, Imago è esposta su un’unica parete, in una grande galleria del piano terra di Palazzo Butera.

La collaborazione fra il bergamasco Viviano Codazzi, specialista in rovine che arriva a Napoli probabilmente nel 1634, e il pittore di figura Domenico Gargiulo conosce un certo successo, tanto da essere ricordata nella fonte più accreditata sulla pittura napoletana del Seicento, come le Vite di Bernardo De Dominici. Il dipinto dei Valsecchi rappresenta un combattimento di gladiatori. Gli spettatori sono disposti in due loggiati, ispirati alle architetture della Roma antica, interpretate secondo indicazioni già barocche. L’edificio di fondo invece ricorda il Pantheon, ma l’aspetto più interessante del dipinto è il paesaggio di fondo, quasi un quadro nel quadro, legato alla pittura romana di Poussin.

Nella Cavallerizza di Palazzo Butera, è esposto un dipinto di Tom Phillips, "Berlin Wall with German Grass and Skyes, II", del 1973. Si tratta di un quadro politico: il Muro di Berlino esisteva da dodici anni, ma all'epoca non circolavano immagini della barricata che divideva la città. Le cartoline tedesche di allora, sia ad Est che ad Ovest, mostravano invece prati e cieli azzurri. "The day after I got married the East Germans built a wall through Berlin, using pre-cast concrete slabs that were to have been the sides of workers' flats. I first saw the wall in 1971, ten years later, and went specially again to see it last December before starting work on the pictures. No popularly available images exist of the East German side and my painting therefore only shows fragments of the structure seen from the West (as is after all appropriate): the other side is not in any case 'The Berlin Wall' but 'the anti-fascist defensive wall' (now more warmly described as 'the state frontier of the DDR in Berlin'). Grass and sky however occur freely on postcards produced both in West and East Germany. Some places have associations: e.g. one of the sections shows grass from Goethe's garden brought from East Germany, in postcard form, by my wife). [..]. Apart from obvious ironies I am not quite sure how the picture now relates to the wall, its source. It certainly represents the way I see and understand that phenomenon." Tom Phillips. Works Texts to 1974.

Durante i lavori di restauro del palazzo è stata scoperta la radice della grande Jacaranda del cortile, cresciuta in un canale di scolo delle acque piovane, rivestito di maioliche del Settecento e dell'Ottocento. La radice negli anni si è ramificata all'interno del canale, in cerca di acqua. La sua crescita è una prova dell'intelligenza vegetale: la radice diventa più sottile dove non trova acqua e si ingrandisce in direzione del pozzo.

L’opera di Frans Floris è fra le più enigmatiche della collezione Valsecchi. La tavola è dipinta su entrambi i lati: nel versante che era destinato a essere visto, il pittore fiammingo si è autoritratto insieme a William Key, un compagno di studi dell’Académie Lombard di Liegi e a tre imperatori romani: Tito, Caio e Vitellio. I cinque uomini sono anche però “conoscitori” di antichità: aprono una cassetta dove sono contenuti frammenti di sculture romane, come la Venere medicea o la Testa di cavallo. Un meccanismo ancora esistente nella cornice permetteva di girare la tavola e di vedere il retro: qui una Battaglia di anziani sembra ispirata alle stampe tratte dagli affreschi di Rosso Fiorentino a Fontainebleau. Floris era stato a Roma nel 1535 e a Liegi, sotto la guida di Lambert Lombard, era il più promettente dei ‘giovani ribelli’ fiamminghi che credevano in un rinnovamento della pittura sulla base degli scambi con l’antico. Questo dialogo a distanza con il mondo romano, in cui antico e contemporaneo si sovrappongono felicemente, è adesso esposto nella biblioteca di Palazzo Butera, in un allestimento disegnato da Giovanni Cappelletti che permette di vedere entrambi i lati dell’opera.