Scultura in ferro, poggiante su base rettangolare, a forma di torso umano. Le forme sono scabre e costituite da frammenti legati assieme così che si intravedono dei fori. Castelli lavora sull'idea di figura a torso. In questo caso, il corpo umano è sottoposto a un violento processo di erosione: delle sue forme non resta che un lontano eco, una lastra sottile e imperfetta, coperta di cicatrici e calcificazioni, di ferite che non possono più rimarginarsi. La scultura venne premiata alla 7. edizione del Premio Modigliani di Livorno.

Dipinto raffigurante un'alta fascia in monocromo rosso sotto alla quale è dipinta una scritta in corsivo. Isgrò è uno dei più significativi artisti del gruppo dei poeti visivi; le sue ricerche, infatti, si volgono a un'arte non legata solo alla visualità ma determinata anche da interventi concettuali. Tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, l'autore fece un ciclo di opere intitolato "Le storie rosse", dove spesso troviamo dei riferimenti a Marx o altri esponenti della politica comunista. L'opera, conosciuta anche semplicemente come "Alma", rappresenta una tela accesa e longilinea, dove il rettangolo rosso comporta una negazione totale dell'immagine lasciando allo spettatore il compito di completarla liberando senza freni l'immaginazione, guidato solamente dalla "traccia" paroliera che la caratterizza. La tela è stata esposta alla prima Biennale del Museo progressivo d'arte contemporanea di Livorno.

Dipinto raffigurante un vortice di segni minuti tra i quali si agitano molti scheletri distorti.

Tancredi Parmeggiani esordisce come post-cubista indirizzandosi poi verso una produzione informale. La critica alla società di Tancredi nei confronti del conformismo e della diseguaglianza sociale, che anticipa le rivendicazioni del Sessantotto, così come il suo profondo malessere interiore, la ritroviamo nelle pennellate fluide dai colori pastello della serie Hiroshima, composta da tre grandi tele che illustrano, in chiave di macabra contestazione, gli effetti devastanti della bomba atomica sui civili. L'opera, già 7. Premio Modigliani 1963, fa parte di una serie di tre dedicate ad Hiroshima.

Teca in legno a fondo blu contenete dodici riquadri di ovatta.

Dopo un inizio con ricerche di tipo spaziale o nucleare, Manzoni si indirizzò verso l'informale per volgersi, poi, al lavoro sugli Achromes che è iniziato nel 1957. Nel '59 è tra i fondatori di Azimuth e inizia la sua fase più provocatoria, di demistificazione dell'arte: dal 'fiato' alla 'merda' d'artista, alle uova sode firmate col pollice, alle modelle in carne e ossa firmate Manzoni. Achrome è un'opera d'arte concettuale che nasce da un intento provocatorio che affonda le sue radici nella riflessione dadaista di demistificazione dell'oggetto artistico. Qui i riquadri di ovatta dell'opera, proprio come suggerisce il titolo, appaiono bianchi perché naturalmente acromatici, privi di colore. Achrome è stata esposta alla 1. Biennale del Museo progressivo d'arte contemporanea di Livorno assieme alle due Tavole di accertamento.

Dipinto a fondo nero sul quale sono applicate fettucce di nylon in nero e beige a formare delle intersezioni.

Biasi è stato uno dei fondatori nel '59 del padovano Gruppo N, pioniere della ricerca cinetica, sempre interessato a studi visuali e percettivi, ha partecipato nel '61 al gruppo internazionale Nuove Tendenze e dal '68 ha intrapreso ricerche visive attraverso l'uso del computer. L'opera è composta da una scatola di legno con della pittura all'interno e lamelle in pvc, la sovrapposizione di queste strutture lamellari e fotoriflettenti in pvc crea un'effetto vibratile e di moto che stimola il visitatore all'osservazione dell'opera da più punti di vista. Il dipinto è stato esposto alla 1. Biennale del Museo progressivo d'arte contemporanea di Livorno.

Struttura in alluminio naturale, anodizzato naturale e nero formata da una serie di moduli cubici dal fondo diversamente colorato e angolato. Sul retro una scritta dell'autore. Cartellino con firma e data in alto a destra.

L'artista, formatosi a Milano, inizia con opere informali ma in seguito si dedica esclusivamente allo studio delle ambiguità percettive, creando strutture - rigorosamente numerate in progressione - che coinvolgono lo spettatore con le loro variazioni di profondità, le loro alternanza di colore e le loro deformazioni assonometriche. L'opera in questione è un lavoro giocato su questa profondità, su queste ombre che agiscono anche all'interno dell'oggetto che va visto frontalmente. Essa rientra in quell'insieme di lavori in bilico tra pittura e scultura, che fanno proprio dell'inganno ottico uno degli elementi fondamentali. L'opera è stata esposta alla prima Biennale del Museo progressivi d'arte contemporanea di Livorno.

L'opera è composta da una tela verniciata in bianco applicata su telaio ligneo e su chiodi che la tendono formando rilievi disposti in modo regolare.

Castellani, dopo aver esordito negli anni '50 con opere di tipo informale, si accosta a Fontana, realizzando poi superfici monocrome animate da rigonfiamenti e piegature ottenute sagomando il telaio o supportando la tela con centine o chiodi che ne tendono la superficie. L'opera in questione, datata 1970, si colloca a metà tra una tela dipinta e un bassorilievo scultoreo. L'artista offre una prova delle sue ricerche ottico-percettive su fondo monocromo con la tela estroflessa e introflessa tramite chiodi che ne modificano la superficie. Questa ricerca visiva e materica attuata attraverso la tensoflessione della tela provoca nello spettatore una sensazione di moto della superficie, che appare modulata attraverso un gioco di luci e ombre. Uno dei caratteri fondamentali nelle opere di Castellani è proprio il senso vibratile, reso attraverso il senso ritmico e plastico delle superfici.

Dipinto raffigurante una serie di motivi quadrettati disposti su varie figure che si intersecano o sovrappongono. Colori: blu, nero, verde, giallo, rosso.

Mario Nigro pistoiese di nascita, livornese di adozione, nel '49 fa parte del M.A.C. e inizia le sue ricerche per uno "spazio totale", caratterizzato da reticoli simultanei. L'astrattismo della tela è scandito con ritmo e precisione da un profondo reticolato geometrico che supera il bidimensionalismo euclideo, reso possibile da una sapiente alternanza di colori accesi e brillanti, come il giallo e il verde, in contrasto con il blu notte e il nero delle linee presenti, di spessore variabile. In queste griglie ottico-percettive ci si astrae in un'altra dimensione e, dove le linee geometriche si intrecciano in un'articolata trama, la ricerca di Nigro diventa non solo artistica ma anche etica e filosofica, una dinamica trasposizione su tela della caducità della vita umana. L'opera è stata esposta alla 1. Biennale del Museo progressivo d'arte contemporanea di Livorno.

Dipinto a fondo bianco sulla quale si dispongono minuscole figure e scritte.

Baruchello approda alla pittura dopo essersi formato a Parigi negli anni '50 ed essere stato in contatto con Man Ray, Max Ernst e Marcel Duchamp. Le sue opere, in genere grandi pannelli 2x2 sono caratterizzate da un affollamento di immagini minuscole, da eterogeneità di materiali e parole. L'opera rappresenta una narrazione a più direzioni: da lontano si percepisce la visione d'insieme dell'opera, da vicino si riesce a distinguere anche il più piccolo dettaglio. L'osservazione di quest'opera diviene quindi un'azione performativa, dove lo spettatore è coinvolto e chiamato a vedere, ricordare, interrogare e mettere insieme i pezzi disposti dall'autore sulla tela. Una fruizione che non si esaurisce mai. L'opera, esposta alla 1. Biennale del Museo progressivo d'arte contemporanea di Livorno assieme ad alcuni dati da introdurre nel computer del cuore (1974) dello stesso autore, è stata donata nel 1976 dall'artista alla sua città natale (di Baruchello è presente ai Bottini dell'Olio anche In cold fact).

Pannello a forma esagonale con segmenti in alluminio messi a formare un cubo visto di spigolo. Il pannello è in laminato nero opaco.  

L'autore, interessato in particolare alle vibrazioni luminose, si è dedicato fin dagli anni '50 alle Superfici a testura vibratile che rappresentano la sua ricerca di base. L'opera in questione indaga la forma e i materiali attraverso le vibrazioni luminose sulla superficie riflettente e tenta di ingannare l'occhio dello spettatore mettendo in crisi il senso formale dell'oggetto e la sua effettiva dimensionalità. L'opera in questione è stata esposta alla 1. Biennale del Museo Progressivo d'Arte Contemporanea di Livorno.