L’umbone proviene dalla Tomba 3 del gruppo di sepolture appartenute a Longobardi di alto rango rinvenute a Trezzo sull’Adda (Milano) tra il 1976 ed il 1978. Esso costituiva la parte metallica di rinforzo al centro dello scudo per parare i colpi e proteggere la mano del guerriero. Placche in rame dorato ne ornano la calotta con una croce e il bordo con una serie di animali fantastici. Le borchie dorate sono decorate da motivi ornamentali ed erano fissate al disco in legno dello scudo. Facevano parte del corredo anche una croce in lamina d’oro, una punta di lancia, una spada (spatha), un coltello da combattimento (scramasax), coltelli e le guarnizioni della cintura di sospensione dello scramasax e una fibbia di tradizione bizantina.

I gioielli furono rinvenuti a Campione d’Italia (Como) durante gli scavi presso la chiesa di San Zenone, cappella funeraria della famiglia longobarda dei Totoni, attestata dalle fonti archivistiche tra il 721 e l’810. Nel 777 un esponente della famiglia, Totone II, dona tutti i suoi possedimenti alla basilica di Sant’Ambrogio di Milano, compresa la sua casa di Campione e la chiesa di San Zenone, e da questa donazione deriva il particolare status giuridico del paese, ancora oggi enclave italiana in territorio svizzero. La proprietaria di questi oggetti fu sepolta contemporaneamente ad altri familiari all’interno di una delle tombe della famiglia, deceduti probabilmente in seguito ad una catastrofe o ad una epidemia . Gli orecchini sono costituiti da anelli di sospensione riccamente ornati da file di granati e perle, mentre i pendenti in vetro azzurro sono inseriti in gabbie di fili d’oro impreziositi da perline ed elementi aurei finemente lavorati. L’anello è caratterizzato da un castone arricchito da globetti d’oro e contente una pasta vitrea blu.

Le croci, provenienti da una necropoli rinvenuta nell’ultimo ventennio dell’Ottocento tra i comuni di Fornovo San Giovanni e Caravaggio(Bergamo), sono state realizzate in lamina d’oro decorata a stampo e successivamente ritagliata. Il ricco repertorio ornamentale, costituito soprattutto da intrecci di nastri e figure animali molto stilizzate, veniva impresso sulla lamina con l’ausilio di punzoni geometrici o sagome ripetute più volte sulla superficie aurea. Gli elementi si dispongono sulla superficie a volte in modo disordinato, presentando intrecci disorganici di nastri e dettagli animalistici, medaglioni, aquile e motivi ornamentali di tradizione bizantina. Secondo il costume funerario longobardo le croci erano cucite sul velo che ricopriva i defunti di alto rango, sepolti con gli oggetti di corredo, e documentano al conversione al Cristianesimo (Arianesimo) della popolazione longobarda. Le tombe, appartenute soprattutto a guerrieri sepolti a volte con i loro cavalli, erano allineate in file e hanno restituito principalmente armi e parti di finimenti dell’abbigliamento militare ma non mancano gli oggetti di uso quotidiano.

L’impugnatura di spada proviene dal corredo di una delle cinque tombe appartenute a personaggi di alto rango rinvenute nei pressi del paese di Trezzo sull’Adda (Milano) tra il 1976 ed il 1978. L’impugnatura è caratterizzata da un doppio anello intrecciato, con probabili riferimenti ad un significato magico cultuale e da un pomolo decorato da intrecci di animali fantastici. L’arma , oggetto di grande pregio che trova confronti con esemplari documentati in area europea, caratterizza le sepolture dei guerrieri. Il corredo della tomba era inoltre costituito da armi da offesa e difesa, elementi dell’abito militare, un anello, un solido dell’imperatore Foca (602 – 610), una coppia di croci auree e una fibbia, esposti nella stessa vetrina.

La moneta aurea proviene dal corredo di una delle cinque tombe appartenute a personaggi longobardi di alto rango rinvenute nei pressi del paese di Trezzo sull’Adda (Milano) tra il 1976 ed il 1978. Sul diritto è ornata dal busto dell’imperatore Foca che reca sul capo il diadema con croce mentre con la mano destra regge un’asta anche essa crociata. Sul rovescio appare invece il simbolo della vittoria con asta e globo sormontato da croce. Il Solido è stato deposto nella sepoltura come obolo per l’aldilà e segnala il potere economico detenuto dal defunto in vita.

I fermagli , che servivano a fissare la veste, sono stati rinvenuti casualmente nel 1951 ad Alcagnano (Vicenza) all’interno di tre sepolture di donne alamanne deposte con l’abito tradizionale. Gli ornati a triangoli e a forma di § sono ottenuti colando negli incavi dell’argento una miscela di elementi minerali chiamata niello. Gli Alamanni, popolo germanico imparentato con gli Svevi, si stabiliscono in Germania agli inizi del III secolo e da qui calano nella pianura lombarda dove subiscono una serie di sconfitte militari ad opera dei romani che li costringono infine ad insediarsi lungo il Po. Nel 506 il re dei Franchi Clodoveo riesce a sottometterli e a frazionare i loro territori che verranno totalmente assorbiti nel Regno franco nel 536. La presenza di guerrieri alamanni in Italia è attestata dai rinvenimenti archeologici , già nel IV e soprattutto nel V secolo, nelle regioni settentrionali, agli sbocchi delle vallate alpine della Lombardia, del Trentino e del Veneto. In questi luoghi infatti cercarono rifugio i profughi di questa popolazione in seguito alle sconfitte inflitte ad opera dei Franchi.

La fibbia in oro lavorata a cloisonné con almandini, è una delle opere più significative del museo. E' decorata da una placca con teste di rapaci, un simbolo caro ai culti derivati dalla cultura dei nomadi delle steppe. Essa fa parte di un prezioso nucleo di gioielli comprendenti anche una corniola con scena di caccia al leone di epoca romana e altri elementi ornamentali in oro. La fibbia risale all'epoca delle migrazioni in Italia di Odoacre (469/470 d.C) e Teodorico (489) che recarono con sé tradizioni culturali e oggetti d'oreficeria propri alla cultura germanico-orientale. Oltre al potere economico e all'alto lignaggio del possessore, il complesso di gioielli documenta l'incontro tra la cultura germanico orientale e la romana.

L’Anello con sigillo fa parte del corredo funerario di un membro dell’alta aristocrazia longobarda, sepolto in una tomba nella necropoli di Trezzo sull’Adda (Milano). Realizzato in oro e decorato a bulino, l’anello è ornato da un volto maschile con la barba che raffigura il sovrano o un alto dignitario del regno longobardo, delegato a sottoscrivere atti con sigillo. Il gesto del personaggio rappresentato si rifà al tipico segnale degli imperatori e dei comandanti romani quando chiedevano il silenzio per parlare all’esercito. Intorno al volto, c'è un iscrizione recante il nome del proprietario e il e titolo, incisi al rovescio, Rodchis v(ir) il(lustris), ossia Rodchis, uomo illustre.