Il "Riposo" è un capolavoro di straordinaria bellezza e di eccezionale immediatezza comunicativa del giovane Caravaggio, databile al 1597. La composizione è divisa in maniera assolutamente originale dalla figura del bellissimo angelo di spalle dalle grandi ali nere di rondine, che suona il violino. Sulla destra, circondata da una vegetazione rigogliosa, è la Madonna addormentata con il Bambino in braccio. Entrambi sono raffigurati in maniera idealizzata e la bellezza dei loro tratti contrasta con la resa naturalistica del san Giuseppe, che, benché stravolto dalla stanchezza, è rapito dall'apparizione dell'angelo e si presta a reggergli lo spartito.  Le note sullo spartito seguono un mottetto scritto nel 1519 dal compositore fiammingo Noel Bauldwijn su testo tratto dal Cantico dei Cantici e dedicato alla Vergine. 

La magnifica opera si data ad inizio Seicento e il tema risulta fra quelli più replicati del Caravaggio. Il giovane santo è ritratto mentre abbraccia fraternamente un ariete, forse rappresentante il sacrificio di Cristo, seduto su una tunica rossa ed una pelle di cammello, simboli del Salvatore e del Battista stesso. Ai piedi della figura è rappresentato il tasso barbasso, le cui virtù medicamentose sono conosciute fin dall’antichità. Da tempo infine è stato sottolineato il rapporto dell’opera con i nudi michelangioleschi della Sistina, di cui Caravaggio era ammiratore.

Ritratta in ambiente disadorno e seduta su una bassa sedia, come schiacciata dall'inquadratura dall'alto, con un unico raggio di luce che taglia trasversalmente la tela, una fanciulla dal pallido incarnato e dai lunghi capelli ramati, le mani dolcemente adagiate in grembo e il viso rivolto in basso, piange affranta e un'unica limpida lacrima scivola dall’occhio destro socchiuso. Il dipinto risale alla prima attività romana di Caravaggio (1597) e raffigura la Peccatrice che ha appena rinnegato la passata vita mondana, abbandonando in terra un filo di perle e dei gioielli insieme al vasetto di unguento, suo attributo caratteristico.

In questo precoce capolavoro di Tiziano, datato al 1515, la scena è venata di raffinati e sensuali lirismi e rappresenta Salomè accompagnata dall’ancella che sorregge il vassoio sul quale è poggiata la testa del Battista, nella quale è stato riconosciuto un autoritratto dell'autore. 

È il pezzo più importante della collezione ed in assoluto il capolavoro della ritrattistica del XVII secolo. Raffigura Giovanni Battista Pamphilj, papa dal 1644 al 1655, con realismo e senza nasconderne la ruvidezza dei tratti. Velázquez, pittore della corte spagnola, l’eseguì probabilmente fra la fine del 1649 e il gennaio del 1650 e il dipinto piacque a Innocenzo X e ai contemporanei, come provano molte copie antiche del capolavoro, la cui notevolissima potenza espressiva ha colpito artisti di tutti i tempi. 

Si tratta della "Casta Susanna con li due vecchi" su tavola di Annibale Carracci, dipinta nel 1604 e descritta da Bellori (1672). L’alta qualità del dipinto di Carracci, eseguito sopra una superficie liscia, e l'iconografia raffinata suggestionarono i contemporanei.

La scena, con la fine lavorazione dell'oro e l'accentuazione dei valori lineari del disegno e del contorno elegante, mostra il momento preciso in cui la Vergine incontra l'Angelo Gabriele. L'Angelo ha una mano sul petto in segno di saluto, mentre nel cielo si scorgono le mani di Dio che fanno scendere la colomba, simbolo dello Spirito Santo. La tavola, in ottime condizioni conservative, è certamente un autografo del maestro fiorentino realizzato tra il 1445 e 1450.

Il ritratto papale fu realizzato dal maestro poco prima del grande Giubileo del 1650. Malgrado il tono vagamente eroico con cui è colta la fisionomia del pontefice, Bernini non rinuncia alla vivacità e all'espressività, pur nell'idealizzazione del personaggio raffigurato. La maestria della tecnica del grande scultore si evidenzia nella piega della mozzetta e nel movimento dei bottoni, che alleggeriscono l'immobilità del busto. 

L’episodio sacro è relegato sul fondo, come in molte opere fiamminghe e olandesi del tempo, con le minuscole figurine di Adamo ed Eva ritratti nel momento della tentazione, mentre domina la scena l’enciclopedia animale dell’Eden, mirabilmente rappresentata. L’esecuzione, firmata e datata 1612, è finissima e venne svolta senz’altro con l’aiuto di lenti d’ingrandimento: gli infiniti dettagli risultano infatti perfettamente descritti, portando all’estremo le possibilità offerte dalla superficie liscia del rame. 

La tavola reca firma, nome del soggetto ritratto e la data del 1529. Di ottima qualità esecutiva, è tra le opere più note del grande artista olandese, che fu fra i primi a viaggiare in Italia. Tornato a Utrecht, visse con la giovane effigiata dal sorriso appena accennato. È un raro esempio di ritratto effettivo di donna d’artista e per questo ha avuto vasta eco nella letteratura specializzata. 

Memling fu un superbo ritrattista, protagonista assoluto del Rinascimento fiammingo, e questo "Compianto" finissimo appartiene alla sua maturità. Sulla destra è inginocchiato il donatore, personaggio ad oggi non identificato, che dovette commissionare il dipinto. Variamente datata nell’ottavo/nono decennio del Quattrocento, l’opera su legno di quercia si conserva ottimamente.

Dipinta a Roma fra il 1604 e il 1613 per il cardinale Pietro Aldobrandini, è l’elemento di punta delle cosiddette "Lunette Aldobrandini", grazie alle quali si affermò il genere paesistico in pittura. Costituiva infatti una novità che temi sacri fossero situati su sfondi naturali a decorare una cappella e per questo l’opera fu esempio ed ispirazione per generazioni di pittori. 

La superba pittura, che risale al 1604, fu acquistata a Parigi da Camillo Pamphilj nel 1654. Ritrae con vivi colori e la descrizione minuziosa dei moltissimi dettagli e micro scene la Madonna a sedere in un paesaggio, ricco di fiori ed animali, e in grembo il Bambino, che ha fiori nelle mani; più indietro San Giuseppe col bastone e scene bucoliche.

La tavola, databile ai primi anni del Seicento, raffigura un villaggio fiammingo in inverno avvolto in un'atmosfera nebbiosa e giallastra. La vista si perde lontanissima fino a un villaggio lontano, appena visibile, avvolto dalla foschia. Vi è descritto uno scorcio di vita quotidiana con al centro gli abitanti ritratti mentre si divertono pattinando sul fiume ghiacciato. A destra, in mezzo a una radura è sistemata una trappola per uccelli, forse con intento moraleggiante. 

Questo celebre busto ritrae la determinata e ambiziosa cognata di papa Innocenzo X Pamphilj e fu completato certamente entro il 1650. Il ritratto è una delle più alte testimonianze della scultura romana di metà Seicento. Di straordinaria resa fisiognomica, il volto mostra gli zigomi imponenti e il mento risoluto della potente nobildonna, mentre il vertice del virtuosismo formale è raggiunto nella resa del sottile velo vedovile che si gonfia d’aria dietro il capo.